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venerdì 15 febbraio 2008

Ritornare a respirare a Vicenza!

Nell'ambito dell'importante iniziativa Kyoto Fisso! è utile soffermarci su un problema di casa nostra.

Vicenza è al centro della Pianura Padana, la terza area più inquinata del pianeta. Bisogna partire da questo presupposto per capire quanto importante sia la tematica ambientale nella nostra città e nella nostra provincia. I problemi sono molteplici e vorrei soffermarmi sulla qualità dell'aria e più in particolare sul problema delle PM10, quelle piccole particelle presenti nell'atmosfera e nettamente aumentate dai processi di combustione prodotti a livello industriale, per il riscaldamento delle abitazioni e soprattutto per quel che concerne il trasporto su strada (freni, gas di scarico).

Ciò che ci impone una riflessione è il preoccupante dato nella nostra città. Nel 2007 siamo stati la terza città d'Italia per giorni in cui è stato superato il limite delle PM10. 140 giorni, un terzo dell'anno in cui respirare in Viale Roma o in Viale D'Alviano era pericoloso. Eppure i vicentini respirano, quindi si ammalano più facilmente... Secondo un'indagine dell'OMS una morte ogni 200 nelle più grandi città del mondo è dovuta alle PM10.

In primo luogo guardiamo ciò che il comune di Vicenza ha fatto nei 10 anni di amministrazione Hullweck: a parte la lodevole iniziativa di Veloce, furgoni elettrici che trasportano merci agli esercenti della città, dal punto di vista delle azioni concrete per dare un'alternativa all'utilizzo dell'auto e per educare ad un atteggiamento ecologico non è stato fatto nulla.

Partiamo dai dati per proporre alcune soluzioni. Secondo dati del 2005 del comune di Vicenza il traffico su strada pesava per l'inquinamento per il 28%. Un dato che indica l'importanza di alcune misure volte alla diminuzione delle polveri sottili agendo su di un uso minore e più responsabile dell'auto.

Partendo dal presupposto per il quale l'auto è usata, secondo una media mondiale, circa 2 ore al giorno di cui 25 minuti sono passati a cercare un posto dove parcheggiarla, si capisce l'importanza di un buon servizio di trasporto pubblico. Non si deve pensare ad un'utenza basata solo su anziani, studenti e migranti, ossia a chi non può usare un mezzo privato. Bisogna porsi l'obiettivo di rendere competitivo il mezzo pubblico rispetto all'auto. Per renderlo competitivo bisogna che sia un servizio frequente, che colleghi bene le zone nevralgiche della città e che non sia così costoso come è oggi (prezzo più alto in Italia, 1,10€ ). A questo proposito serve una totale revisione di AIM trasporti con autobus meno inquinanti, linee adatte ai cambiamenti sopraggiunti in città, ossia circolari e non solo radiali, dato che la città non ha più tutti i servizi nel centro storico ma dislocati in tutti i quartieri (si pensi ai supermercati, ai centri commerciali ma soprattutto al futuro posizionamento di università, tribunale e alla posizione, oggi, delle piscine o del palazzetto dello sport). Servono, inoltre, corse più frequenti e collegamenti efficienti con un hinterland che questa città sembra essersi dimenticata di avere. Serve una diminuzione del prezzo del biglietto che può essere realizzabile già per il semplice fatto che un servizio ammodernato verrebbe utilizzato da un'utenza più ampia dell'attuale. Si potrebbe però riflettere anche su un ampliamento dei parcheggi di interscambio, un aumento dei prezzi dei parcheggi in centro o, infine, con campagne di educazione all'utilizzo del mezzo pubblico.

Come seconda politica per favorire un utilizzo minore dell'auto e quindi al fine di diminuire l'inquinamento dell'aria è quella della costruzione di piste ciclabili e di costruzione di un sistema di affitto di bici sul modello di altre città italiane come Ferrara e (a breve) Milano. Un cittadino potrà utilizzare una bici per il tragitto che gli serve e lasciarla dove arriva, in apposite rastrelliere e con una carta elettronica personale. Un sistema innovativo da realizzare dopo aver realizzato un adatto sistema di piste ciclabili.

In ultima istanza è utile riflettere sul fatto che il 12% dell'inquinamento per le PM10 deriva direttamente dagli impianti di riscaldamento, il più delle volte vecchi. Serve quindi un'operazione ampia che pubblicizzi le politiche ambientali della recente finanziaria ed incentivi rapidamente la sostituzione delle caldaie superate con nuove caldaie meno inquinanti.

Sulla base della formazione, dell'impegno nell'imitare ed innovare, una notevole riduzione del livello delle PM10 e un buon miglioramento della qualità dell'aria sono possibili. Qui in città si va a votare fra poche settimane. Speriamo che il futuro sindaco, auspicabilmente del Partito Democratico, sappia valorizzare la spinta dell'ambientalismo del fare, ossia quello della tecnologia, della progettualità e della concretezza. E' una speranza per tutti i cittadini di oggi e di domani.

Kyoto Fisso


Per i Giovani Democratici del Veneto il risparmio energetico “è un Kyoto fisso”. Per questo hanno deciso di lanciare, in tutte le province venete, una campagna informativa rivolta sia agli amministratori locali che a tutta la cittadinanza.

«Per noi è fondamentale aprire un dibattito sui temi dell’ambiente e della sostenibilità, ambito fondamentale della politica del Partito Democratico – spiega Filippo Silvestri, coordinatore della campagna – Crediamo che il Protocollo di Kyoto debba essere considerato un patrimonio comune, al di là di ogni appartenenza politica, perché la sfida dello sviluppo sostenibile è una sfida che dobbiamo vincere tutti assieme.»

Il 15 e il 16 febbraio, anniversario dell’entrata in vigore del protocollo di Kyoto, i Giovani Democratici scenderanno dunque in molte piazze del Veneto, a partire dai capoluoghi di provincia, con dei gazebo per sensibilizzare i cittadini sui temi dello sviluppo sostenibile. Oltre a materiale informativo (il decalogo per il risparmio energetico), regaleranno ai passanti lampadine a basso consumo.

Tra le iniziative della campagna “È un Kyoto fisso”, l’invito che i Giovani del PD hanno rivolto agli amministratori veneti, tramite l’invio di una lettera, ad aderire alla campagna europea “M’illumino di meno” promossa da Caterpillar, che consiste nello spegnere le luci degli edifici pubblici, dalle 18 alle 19 di domani.


Il coordinamento vicentino ha organizzato iniziative nelle piazze di Vicenza, Bassano, Schio, Arzignano e Valdagno. Per maggiori informazioni... questo pomeriggio ;)


il cannocchiale

lunedì 21 gennaio 2008

Discorso all'Assemblea Cittadina del PD del 18 Gennaio

Il discorso non era precedentemente scritto e l'ho realizzato a posteriori, dopo l'intervento, cercando di ricordarmi ciò che avevo detto a parole. I concetti sono quelli però non assicuro che le parole utilizzate siano le stesse.

Per prima cosa vorrei iniziare il mio intervento parlando di qualcosa di diverso da ciò di cui avevo pensato di parlare. Qualcuno ha asserito che non serve analizzare, ad oggi, “Chi siamo”,ossia cosa è il PD. Io invece penso sia fondamentale pensare al partito che siamo, analizzare da dove veniamo perché se è vero che il Partito democratico deve scontrarsi con la realtà concreta allo stesso tempo non può pensare di esimersi dal fare un'analisi sugli ideali che lo muovono.

Giungendo al tema di oggi credo sia utile partire ponendosi delle domande, ossia quale è il nostro progetto, quale è il nostro obiettivo politico?

Credo che questo sia il Cambiamento. Ho letto, però, in un giornale settimanale che si chiama Internazionale, non so se qualcuno qui lo legge, che parlava dell'utilizzo del termine cambiamento nelle elezioni americane. E il cambiamento è un termine usato sia da Obama che dalla destra cristiana del partito repubblicano. Quindi bisogna comprendere bene cosa è il cambiamento e quale è il cambiamento buono.

Noi, credo, abbiamo agito nel senso del cambiamento fin da subito, con un percorso innovativo diviso in 3 fasi, che definirei delle 3 A: ascoltare, avanzare proposte, aprire ala partecipazione. La decisione è stata presa da un'assemblea democratica come quella odierna e quindi credo che non ci sia nulla da eccepire. Per quel che riguarda le alleanze vorrei prima sfatare un mito. La sinistra radicale non è formata da mostri: PRC a Vicenza è un partito che nel congresso del 2005 stava per essere conquistato, in città, da un gruppo di diciasettenni, quindi non ha un vero radicamento; il Pdci non è mai riuscito a contare nulla in Veneto e a Vicenza (1.5% suo massimo cittadino) mentre Verdi e Sinistra Democratica sono partiti con cui si può ragionare, Asproso e Rolando sono amici con cui si può ragionare e governare.
Quindi non capisco quali possano essere le ragioni per non fare un percorso in comune. Per di più rompere per delle nostre pregiudiziali ci indebolirebbe agli occhi dei cittadini e rafforzerebbe loro. Lasciamo, in caso, che rompano loro, che siano loro a chiudere il dialogo.

Credo che il cambiamento si raggiunga individuando un candidato sindaco e una squadra che abbiano 4 caratteristiche: saper ascoltare, difendere, innovare e decidere.

Ascoltare nel senso di saper valorizzare tutto quel mondo dell'associazionismo veneto. Nella nostra regione si sa che le forme welfaristiche basate sullo stato non si sono mai sviluppate e che è stato il solidarismo cattolico la base per la coesione sociale e lo sviluppo economico. Per questo dobbiamo guardare all'associazionismo e al volontariato come a degli interlocutori primari. Non è un caso, infatti, che ogni genere di associazione, non solo quelle cattoliche, abbia nel vicentino, in veneto, un radicamento più profondo che nelle altre aree del nord d'italia e forse dell'intero paese.

Difendere in quanto i cittadini in questo periodo storico hanno bisogno di qualcuno che sappia proteggere dalle molte trasformazioni. Serve un impegno sociale, come sosteneva l'amico Giuliano Raimondo. Ma serve anche qualcuno che sulla gestione del Dal Molin sia affidabile Pensiamo, infatti, alla lettera di Costa al Giornale di Vicenza. Non totalmente condivisibile ma che letta attentamente mette in luce dei dati che sono da considerare. Rispetto a quei cambiamenti, che sono avvenuti anche grazie all'impegno di chi all'inizio si è subito dichiarato contrario e non a persone che abbiano fin dall'inizio detto di Si, acriticamente, alla costruzione, come Lia Sartori e Manuela Dal Lago.

Difendere significa anche cominciare a considerare il come e il quando della costruzione della TAV, altrimenti rischiamo davvero di trovarci un movimento NIMBY nel momento in cui sarà realizzato il progetto. Dovremo riuscire a portare avanti una realizzazione che sappia essere non troppo costosa e allo stesso tempo sia utile e porti vantaggi alla città.

Innovare, infine, significa puntare su un recupero e sulla valorizzazione dell'ambiente e su nuovi strumenti, nuove realizzazioni di mezzi pubblici di trasporto, ossia di infrastrutture utili e compatibili alla città di domani.


Per concludere non capisco, non capisco, non capisco come si possa pensare di fare un'alleanza con la Lega Nord. I dubbi espressi dall'amico Gianni Bisson [sul rapporto di alcune persone del PD con Manuela Dal Lago] sono dubbi legittimi che nascono leggendo il giornale. Spero siano sbagliati.

Mi sfugge la logica di questa alleanza in quanto la Lega Nord è stata la forza politica che ha rivoltato il capitale sociale della nostra regione cambiandolo di segno in modo che non facesse più da coesione sociale e nazionale ma che servisse nel senso di uscita, di exit dal sistema.


Io sono già pronto a fare la campagna elettorale, sono pure vestito sportivo, ma non sarò disposto a fare una campagna elettorale per manuela dal lago o per un candido debole destinato a perdere.

domenica 6 gennaio 2008

Finiscono le feste, inizia la campagna elettorale?

Il direttore del giornale di Vicenza quest'anno ha, a vostra scelta, mangiato un cattivo panettone o passato delle vacanze poco serene.
Nell'ultimo giorno di vacanze, infatti, mentre i cittadini si riversano nelle piazze a cercare il colpo grosso nei saldi di fine stagione, lui è costretto da qualche potente forza e/o da qualche passione di cui ignoro l'origine ad attaccare il Partito Democratico e uno dei più probabili candidati dello stesso alle elezioni comunali, ossia l'ottimo Achille Variati .

Argomentazioni abbastanza futili, per la verità, dato che sostiene che un dirigente politico locale che si spende contro una decisione piovuta da Roma debba dimettersi dal proprio partito per via di una posizione non condivisa con il partito politico a livello nazionale.


Antonacci scorda completamente che le vecchie dirigenze dei Ds e della Margherita, a livello cittadino e provinciale, hanno sostenuto il No alla costruzione della base americana, con poche (non lodevoli) eccezioni.

Dal Partito Democratico Vicentino, quindi, dovrebbero dimettersi tutti, ad esclusione forse di qualche suo amico? Mi pare sia un azzardo una dichiarazione di questo tipo perchè fa scoprire, a chi un attimo conosce come funziona questa città, in modo palese volontà, idee e posizioni politiche di alcuni gruppi di pressione che nel territorio berico mi pare abbiano proprio deciso di oltrepassare un certo livello con un'arroganza un pochino esagerata.


Potete trovare il comunicato stampa dei Giovani Democratici sul tema al seguente link.

Per leggere l'editoriale di Giulio Antonacci in cui viene criticata la posizione di Achille Variati in merito alla vicenda Dal Molin e per commentarlo potete cliccare qui .

sabato 5 gennaio 2008

Se fossi catalano...non sarei spagnolo!!!!!!

Sense la independència, no hi ha possibilitats de crear a Catalunya una política justa, honesta i regenerada.

Senza l'indipendenza non c'è nessuna possibilità di creare in Catalunya una politica giusta, onesta e rigenerata

ANTONI GAUDÍ

Per un'Europa unita, per le identità regionali, contro gli stati nazionali ottocenteschi.



venerdì 4 gennaio 2008

Pd portavoce di un nuovo patriottismo veneto

Il Partito Democratico si deve fare portavoce di un nuovo patriottismo veneto: il patriottismo dell’orgoglio di un Veneto solidale che ha saputo costruirsi il proprio futuro e che è in grado di insegnarlo al mondo.


Paolo Giaretta
Segretario del Partito Democratico Veneto

Presente!!


mercoledì 19 dicembre 2007

Dialogando...

Sono stato nominato coordinatore della commissione atta a discutere di valori nei giovani democratici veneti. Il tema è sicuramente vasto e complicato e domani sera, in cui ci sarà la prima riunione e il primo scambio di idee e progetti, dovranno essere definiti i principi generali dello Statuto regionale e predisposti alcuni passaggi atti alla costituzione di lavori tematici, assemblee aperte o altre strutture simili.

Ho pensato a lungo in queste settimane a come strutturare la commissione ma soprattutto a quali siano i valori di fondo condivisi ed importanti nella tradizione politica che il Partito Democratico Veneto vuole interpretare.
Ho individuato alcuni aspetti importanti:
1. Il recupero dell'identità veneta grazie alla riscoperta della tradizione solidaristica e caritetevole figlia del cattolicesimo. Lo dico da non cattolico, a mio parere con il miracolo economico si sono persi diversi aspetti del vivere insieme.
Un processo che ritengo positivo come la secolarizzazione, evidente da diverse indagini sociologiche, ha prodotto nella società un fenomeno di scollamento e di segmentazione più gravi e più marcate che in altre zone. L'individualismo assoluto tipico della modernità e tipico anche del nostro veneto odierno stride con una società che fino a venti anni fa si costruiva su un forte senso di comunità. Dobbiamo necessariamente recuperare questo senso passando dal tessuto sociale ancora florido dell'associazionismo che è particolarmente florido qui (anche in ambiti assolutamente non cattolici) per la mancanza di un modello welfaristico nella mentalità veneta e l'esistenza, invece, di un modello solidal-caritatevole. In un qualche modo tutte le associazioni, perfino l'UAAR, funzionano bene in veneto perchè la nostra comunità funzionava su un forte associazionismo cattolico ben rodato. Il modello, in sostanza, ha resistito ed è lo spazio da cui ripartire.

2. L'importanza dell'impresa veneta in un contesto globalizzato. E' necessario togliere i vituperati lacci e lacciuoli alle nostre imprese. Va fatta, gradualmente, un'opera di continua liberalizzazione. Dal punto di vista valoriale è necessario recuperare la voglia di esprimere innovazione, di sperimentare, di scegliersi fette di mercato inesplorate. E' questa curiosità il valore vero di un veneto, del veneto che ha costruito il proprio miracolo economico. Possono sembrare semplici parole ma al centrosinistra veneto è mancato in questi anni il paio di occhiali giusto per leggere l'economia veneta. E' ora che questi occhiali vengano messi e per questo una riflessione sul modello di occhiali mi pare più che adeguata.

3. Ambiente e sviluppo sostenibile. E' fondamentale parlare di un tema che a livello globale ci si rende conto essere ormai paradigmatico per il futuro del pianeta stesso. Dobbiamo ragionare su investimenti, su tutte le tecnologie (dalle passiv-house agli impianti per produrre energia rinnovabile, ecc) oggi realizzabili in cui basterebbe l'impegno politico e in cui manca la reale volontà di cambiare, di investire sul nostro futuro. Come giovani dovremmo essere particolarmente interessati a tutto questo e spingere.

4. La laicità come approccio metodologico sereno alle questioni, senza pregiudizi e senza volontà di imposizione. In particolare sull'aspetto della laicità va sottolineato, a mio parere, come sia necessario adottarla come metodo per risolvere veramente le questioni spinose, cercando di guardare la realtà e cercare di risolvere i problemi reali, concreti, seri.
E' legata all'idea di laicità la tematica della liberazione del cittadino da ogni discriminazione. E' una sfida che Vattimo direbbe vincibile con il pensiero debole moderno. Eppure la sfida per cittadini che possano vivere senza razzismo, omofobia, violenza è una sfida di tutti. E' la sfida dell'uomo moderno e maturo.


Ho riassunto alcune questioni, spero di approfondirle tutte al meglio ^_^

mercoledì 12 dicembre 2007

Il federalismo e il centrosinistra

Paolo Giaretta, Segretario Regionale del Partito Democratico, ha detto con chiarezza che " nel nostro Paese le forze autenticamente federaliste, anche a livello nazionale, stanno nel centrosinistra".
Sono felice che il mio Segretario, che ho votato rassicurato dal suo percorso politico e dal suo profilo personale, abbia deciso di indicare chiaramente il fatto che a suo modo di vedere il federalismo è un tema centrale dell'azione politica ed amministrativa del nostro partito.
Non è un passaggio banale in quanto a livello generale tutti si professano portatori del federalismo e di un processo di decentralizzazione ma concretamente il centrodestra decide tra Roma e Arcore le proprie candidature nelle città principali venete, anche perchè la classe politica locale leghista, forzista e aennina gareggiano a intrattenere i propri rapporti al meglio possibile con i propri leader, convinti che sia solo questo il modo di riuscire ad imporsi a livello coalizionale e locale.
C'è, invece, bisogno di un profilo autonomo nella gestione dei propri partiti. Questo è un prerequisito per partiti realmente autonomi nella proposta politica, altrimenti sempre condizionata da Roma. Dobbiamo smetterla, come diceva Letta in campagna elettorale, di domandarci "cosa succede a Roma?" e agire agire agire liberamente.
E' questo l'unico modo per prendersi un'indipendenza che altrimenti non ci verrà mai data. Questo vale per il partito e per la giovanile e in Veneto siamo riusciti da quando esiste il PD a rompere la logica imposta da Roma per il Segretario e a scegliercelo autonomamente e a livello di giovani abbiamo avviato il processo costituente prima delle altre regioni, senza aspettare i diktat. Quando questi sono arrivati ci siamo adeguati salvando il prezioso lavoro di rafforzamento e di costruzione politica fatto da Ottobre ad oggi.
Il Partito Democratico Veneto, per diversi motivi, quindi, si sta stagliando come forza autonoma all'interno del Partito Democratico, prendendosi il titolo di giocare come forza federale al di là delle scelte che verranno fatte nello statuto a livello nazionale. Questo rende il partito autonomo e quindi capace di giocare una partito autonomista e federalista senza dover aspettare la chiamata di Silvio Berlusconi (vedi il falso federalismo forzista) o di Bossi.
Il Partito Democratico Veneto sarà così un partito veramente dei veneti e non un partito delle proposte romane per i veneti, come sono gli attuali partiti del centrodestra e probabilmente i vecchi partiti del centrosinistra.

mercoledì 28 novembre 2007

La nostra bandiera

Ci sono simboli che appartengono a tutti e che per periodi, più o meno lunghi, parti della società fanno propri.
Per 30 anni il tricolore è stato il simbolo dei fascisti, poi c'è voluto un grande politico ma soprattutto uno straordinario uomo, il Presidente Pertini, per restituirlo a tutti gli italiani, per restituire la bandiera della Repubblica a chi la viveva e a chi credeva in quella repubblica, non lasciandolo in mano a quei quattro scalmanati che la usavano come simbolo di divisione e non di unità.

Succede, da 20 anni, la stessa cosa con la bandiera del Veneto, una bandiera che significa poche, semplici cose: un popolo aperto al mondo e al dialogo interculturale, una repubblica (in tempo di signorie) capace di essere fortissima promotrice di cultura, commercio, tecnologia, sviluppo.
Da quando la Liga Veneta, nel 1981, ne ha fatto un suo vessillo, recuperandolo dal dimenticatoio di un popolo che l'aveva probabilmente, sbagliando, ancorata alla storia, è diventata anche questa bandiera per dividere, bandiera per separare, bandiera per escludere.
No, il leone significa inclusione, libertà, fratellanza, solidarietà tra veneti e con tutto il mondo.
Sarebbe bellissimo che ritornasse al Veneto, che ritornasse al popolo veneto il proprio vessillo.














Viva il Veneto! Viva San Marco!

domenica 11 novembre 2007

Frase del giorno

"Siamo noi che dobbiamo cambiare, non i veneti."
Paolo Giaretta, Segretario Regionale del Partito Democratico Veneto

venerdì 12 ottobre 2007

Intervento di Enrico Letta sul Giornale di Vicenza

Il Partito Democratico è un’ambizione. È l’ambizione di rispondere a quella domanda di politica efficace e concreta che oggi, nel nostro paese, è largamente insoddisfatta. È una domanda che interroga entrambi gli schieramenti: quello di centrosinistra oggi al governo, ma anche il centrodestra che al governo c’è stato, per un’intera legislatura, senza usare la sua amplissima maggioranza per varare le riforme strutturali che occorrevano al paese. E al Nord in particolare.
Nell’Italia delle cento città, alcuni luoghi esprimono questa domanda con più forza e chiarezza di altri. Vicenza è uno di questi luoghi. Il centrodestra, nell’ultimo anno e mezzo, l’ha quasi eletta a capitale simbolica della sua opposizione al governo Prodi. Silvio Berlusconi lanciò a Vicenza, con uno spettacolare comizio all’assemblea di Confindustria, un’aggressiva rimonta elettorale. E, solo qualche mese più tardi, è qui che il centrodestra ha tenuto la prima manifestazione nazionale contro la Finanziaria.
Vicenza è diventata insomma il palcoscenico privilegiato per un sentimento di protesta e insofferenza che il Partito Democratico non può liquidare con un’alzata di spalle. Non potrebbe farlo, del resto, chi riflettesse anche solo un istante su ciò che questa città rappresenta più in generale. Vicenza è il capoluogo di una provincia che da sola esporta nel mondo quanto l’intera Grecia. È la sede della terza associazione industriali per importanza nel paese. È quindi una città che respira e cammina al ritmo dello sviluppo, della competizione sui mercati internazionali, delle sfide raccolte e vinte attraverso un patto sociale non scritto, che in questa terra affianca l’operaio all’imprenditore. Non è per caso, io credo, che la natalità, in crisi a livello nazionale, sia qui più forte che nel resto del paese.
Vicenza è il simbolo di un Nord che spesso si sente lontano da Roma, ma che non è tale perché inchiodato ad un anacronistico localismo antistatale – come purtroppo qualcuno si ostina a pensare, sbagliando, anche nella mia parte politica. Quello rappresentato da Vicenza è spesso un Nord lontano da Roma perché più vicino all’Europa e alle sue nuove capitali. Vicenza è il simbolo di un Nord che pone domande moderne. Domande di libertà e di mobilità, innanzi tutto, per usare due delle parole che ho volutamente messo al centro della mia proposta politica per le primarie del Pd.
Penso, in primo luogo, alla domanda di libertà di costruire e di intraprendere, che significa domanda di un fisco giusto, realmente alleato dello sviluppo. È questo che ho proposto, lanciando la parola d’ordine di una “tregua fiscale”: occorre ridurre le tasse sul lavoro e sulle imprese. Come abbiamo iniziato a fare con la riduzione del cuneo fiscale e come continueremo a fare, nella prossima Finanziaria, con la riduzione di un 16% circa delle aliquote Ires e Irap: cioè le tasse che più pesantemente gravano sulle imprese.
Ma penso anche alla domanda di mobilità. La mobilità di un sistema che faccia spazio al merito, a partire dalle pubbliche amministrazioni, e la mobilità di un territorio che ha il diritto di ottenere quelle infrastrutture necessarie a unire i centri della futura metropoli del Nordest e costruire ponti verso l’Europa e il mondo.
Vicenza è il simbolo di una società che corre, ma che esprime paure da non ignorare. È la società che ha imparato rapidamente ad integrare una popolazione straniera qui più numerosa che nel resto d’Italia, ma che, già oggi, sperimenta la nuova frontiera di questo processo: l’integrazione nella legalità, nell’educazione degli stranieri alle nostre leggi, nella garanzia della sicurezza per tutti i cittadini.
Vicenza è anche il simbolo di un problema antico. Quello di territori in cerca di una rappresentanza e di una nuova classe dirigente. Di territori che non hanno dichiarato guerra al dirigismo romano per inchinarsi al neocentralismo dei governatori. Di territori che al paese danno molto, in termini di sviluppo, crescita economica e, non dimentichiamolo mai, tasse: ma ricevono poco e male, in termini di servizi e anche di spazio politico. Di territori che la politica deve sforzarsi di leggere e capire. È uno sforzo che tocca soprattutto al Partito Democratico, che a questa parte del paese dovrà saper parlare con un nuovo linguaggio e con nuove idee.
Non è un caso che io abbia concentrato la mia attenzione, in questi mesi, sulle cosiddette “città di provincia”. È da qui, dal cuore produttivo e pulsante del nostro paese, che i democratici dovranno iniziare il loro nuovo cammino.

mercoledì 13 giugno 2007

Il mio discorso d'addio ai Democratici di Sinistra

Care compagne, cari compagni,

le elezioni provinciali sono state un disastro, un massacro. Non abbiamo voluto giocare la partita, l’obiettivo era riconfermare i consiglieri uscenti. Obiettivo non raggiunto. Avevamo quindi un obiettivo bassissimo, e abbiamo ottenuto meno. Se si punta in alto qualcosa si raggiunge, se si punta in basso non si fa nulla.

Certo, la sconfitta in queste provinciali ha delle motivazioni nazionali (leggi Nord chiama Prodi), e c’è tantissimo da dire sull’incapacità di comprensione delle problematiche reali dei cittadini veneti e vicentini da parte prima di tutto del governo nazionale e del partito nazionale. C'è da aggiungere i troppi e ripetuti errori nell'ambito della giustizia.

Sicuramente, però, ci siamo proprio impegnati, a livello locale, per perdere queste elezioni. Lo dissi in questa Direzione Provinciale, un anno fa: "Prepariamoci per le provinciali. A Treviso l'Ulivo ha preso il 16.5%." Ora noi siamo al 15.5%.

Ma dei tanti errori voglio fare una semplice carrellata.

La gestione scandalosa della questione Dal Molin, una vergogna che ha creato ostilità manifesta in tutti i cittadini, sia coloro i quali erano favorevoli al progetto, sia coloro i quali erano contrari. Siamo stati farseschi.

Nessun progetto di provincia discusso non dico con i cittadini, che sarebbe lo spirito del PD, il quale è stato quindi una prima volta tradito, ma nemmeno all’interno del partito. Un programma mai conosciuto da nessuno, calato dall’alto.

Una campagna elettorale che non ha creato momenti di dialogo tra cittadini e candidati. Una campagna assolutamente debole, fiacca, mal gestita.

Fortunatamente ci sono stati un paio di positivi risultati nel deserto totale di queste provinciali: sono il brillante risultato di Beraldin a Bassano e l’ottimo risultato di Matteo Quero, capace in città di essere il primo, pur essendo quello con minor esperienza politica. Certo, quindi, che serve l’esperienza, servono le persone che sono “una sicurezza in provincia” però, forse, azzardo, l’elettorato ha voglia anche di novità, di facce nuove. Chi ha esperienza dovrebbe capire di lasciare spazio ai giovani magari consigliandoli e non cercando di occupare ancora una volta careghe, tra l’altro sempre di minoranza. In questo c’è tutta, propria tutta l’assurdità di come si sta costruendo questo PD. Un coordinamento nazionale chiamata la colonna…no no, il gruppo del 14 ottobre formato da tutte persone oltre i 40 anni e l’unico “giovane”, il buon Enrico Letta, come dice bene il Corriere della Sera di qualche giorno fa non avrà possibilità di distrarsi perché mettere una donna sotto i 40 anni era proprio brutto, un rischio (per il potere costituito del circolo anziani che si trova nella sede dell'Ulivo)!

La cosa sorprendente di questo comitato promotore del PD è sicuramente questa bizzarra capacità dei propri membri di venire da esperienze diverse e di rimanere sempre gli stessi. Mi spiego.

Io ho creduto e credo nel PD, come idea di una forza politica riformatrice adatta alla modernità in un paese con una storia politica particolare come è l’Italia. Allo stesso tempo, però, compagni e compagne, è particolare che questa Italia abbia personalità politiche che sono state convitamente comuniste, poi sono uscite da sinistra dagli errori del comunismo, son diventate fortemente socialdemocratiche, poi un po’ liberal e alla fine democratiche.

Io condivido queste ultime evoluzioni, condivido la formazione di un progetto politico nuovo, ma non condivido che le facce siano le stesse. Che un partito si adatti all’epoca in cui è va bene ma che le persone cambino in 20 anni 4 volte idea confonde l’elettorato, fa venir voglia di votare altro, in particolare quando esiste un elettorato produttivo che vede nella coerenza e nella logicità caratteristiche fondamentali. I veneti, in sostanza, di vedersi ancora quelli che si professavano comunisti 25 anni fa sono stufetti.

Tornando alle elezioni provinciali dico solo un’altra cosa. Sapete che nei paesi civili e normali quando un partito perde le elezioni il presidente o il segretario di questo partito va a casa, ma non perché cacciati, ma perché loro hanno una moralità che li impone di lasciare lo spazio, perché chi perde non rimane segretario. E’ cosi in Inghilterra, in Spagna, in Germania, in tutta la Scandinavia. Non è cosi’ nei due paesi in crisi politica vera, Italia e Francia.

Quindi mi rivolgo a te, cara Daniela. Io se fossi in te farei una riflessione profonda prima di tutto personale. Una riflessione politica e di immagine. Carissima Daniela, da quando sei segretaria abbiamo perso nel 2002 alle provinciali, nel 2003 alle comunali, nel 2005 alle regionali eravamo 20 punti indietro , nel 2006 alle politiche eravamo 22 punti indietro, quest’anno siamo 37 punti indietro. Cara Daniela, se hai un po’ di amor proprio, se ti vuoi bene, se non vuoi essere ricordata come la donna delle sconfitte che non si schioda dopo le sconfitte, se vuoi essere veramente europea, allora cara Daniela io mi attendo le tue dimissioni, per il bene di quelli che sono in questo partito e per il tuo bene.

Ora, però, compagni mi avvio a concludere quello che sarà il mio ultimo discorso nei Democratici d Sinistra.

Lo faccio in quanto è stato tradito il pensiero e il progetto ideale del Partito Democratico. E' successo a livello locale, in quanto non è stato fatto il capannone del programma, la lista dei 36 è stata decisa in una riunione presumo a 3-4 persone senza che il gruppo dirigente nemmeno la sapesse (l’abbiamo saputo dai giornali), il modo in cui abbiamo gestito la questione Dal Molin ha creato antipatia nei nostri confronti tra i cittadini. E' successo a livello nazionale con la colonna dei 45 vecchi, con la gestione litigiosa e poco riformatrice (e che quindi fa a pugni con la cultura produttiva della nostra regione) del governo.

La mia decisione è quella di lasciare oggi, e ho imbucato le lettere di dimissioni dal direttivo provinciale del partito, dal direttivo cittadino e dalla Sinistra Giovanile.

Abbandono il progetto del PD perchè è stato tradito e sinceramente non me ne faccio nulla per come si sta delinenando. Per ora il PD si sta delineando a livello nazionale e ancor piu locale come conservatore, vecchio e incapace di dialogare con i cittadini.

Chiaramente la mia decisione non è irrevocabile, attenderò esternamente ai partiti le costituenti delle nuove forze che si stanno delineando a sinistra, compreso il partito democratico, e deciderò quando queste forze saranno realtà. Auspico che il PD possa avere una svolta in senso progressista e moderno, nel senso di un rinnovamento delle classi dirigenti e del pensiero politico, e spero che in questa provincia la guida politica possa essere assunta da chi ha dimostrato di sapersi rinnovare e sapersi presentare come una novità politica, non chi si autoricicla e autocelebra. Persone che piu concretamente pensano a Vicenza e che devono essere necessariamente più giovani anche anagraficamente.

mercoledì 30 maggio 2007

Nord chiama Prodi

Nemmeno un anno di governo ed è il tracollo. La coalizione di centrosinistra perde in tutto il nord, comprese alcune città ben amministrate come Verona ed Asti.
I dati sono sconfortanti e l'arretramento è pesante nelle città e nelle province. Piu' che analizzare i crudi numeri sarebbe però utile comprendere le ragioni di questo insuccessso.
Il nord, la parte piu produttiva e sviluppata del paese, dal quale sono venute tutte le proposte politiche, buone e meno buone, che hanno governato l'Italia, ha delle precise richieste sociali alle quali il governo non ha saputo rispondere. Il nord è, volenti o nolenti, il motore politico, economico e sociale del paese, il modello a cui si è sempre adattato il Sud del paese (è stato cosi per il fascismo, per la Dc, per il rafforzamento delle sinistre negli anni 70, per il PSI di Craxi, per il leghismo, per il progetto di Prodi).
Non a caso anche Piero Fassino, in un ormai fuggito momento di lucidità, disse che "ogni governo durevole si è fondato con una salda maggioranza nel lombardo-veneto".
Forse basterebbe fermarsi qui per spiegare il problema ma può essere utile addentrarsi in alcuni temi cari ai cittadini del nord: più sicurezza, controllo dell'immigrazione clandestina e modelli d'integrazione, il federalismo fiscale, meno tasse, piu infrastrutture e piu investimenti per la competitività delle imprese. In sostanza una serie di misure a cui Prodi, l'esecutivo e il Parlamento hanno risposto con metodologie e prassi che fanno a pugni con la cultura e le necessità dei cittadini del Nord.
La conseguenza è stata che questo centro-sinistra, nelle aree più produttive del paese, viene percepito come statalista ed assistenzialista, meridionalista, litigioso, confuso, incapace di portare avanti una legge.
Lo stato confusionale della "squadra dei 102" è evidente. Abbiamo ministri che in 3 mesi passano dalla semi-legalizzazione delle droghe leggere ai NAS davanti alle scuole. Abbiamo Premier che fanno proclami dall'estero per annunciare le proprie decisioni senza parlarne con l'esecutivo. Abbiamo altri ministri che ogni mattina chiedono un posto in piu per uno dei loro.
Tutto questo, sommato al fatto che sembra che i problemi siano solo "della sofferente Sicilia" e del "disperato Sud" hanno fatto imbestialire un elettorato di centrosinistra che non si capacita di un governo che non risponde ai problemi.
Il fatto politico, infatti, è che gli elettori di centrosinistra sono stati a casa. Questo dimostra che il nostro elettorato non riesce, fortunatamente, a votare il centrodestra (anche se in piccola parte si) ma semplicemente incrocia le braccia, sciopera.
Dobbiamo interrogarci, come sinistra, come Unione, come cittadini progressisti, su quali risposte dare alle esigenze dei cittadini lombardi, veneti, piemontesi, friulani ma anche liguri ed emiliani (se non ci fosse Berlusconi siamo sicuri che le rosse Emilia e Toscana rimarrebbero a sinistra?).
Per risolvere i problemi reali dei cittadini si dovrebbe cominciare ad attuare il federalismo concordando con le regioni le soluzioni (regionalismo differenziato, dal 1999 è sulla Costituzione), tagliare tasse e tassette inutili ma soprattutto servirebbe un chiaro messaggio liberale: meno lacci e lacciuoli per le aziende, più meritocrazia, più competitività, tagli ai tanti enti inutili, alle tante prebende e indennità inutili date al ceto politico, semplificazioni e sostanzialmente lotta ai costi della politica. Inoltre urge una risposta sul tema della sicurezza: le nostre città sono meno sicure e talvolta il pugno di ferra contro la criminalità di alcuni sindaco-sceriffo può sembrare assurdo ma è una soluzione.
Tutto questo è utile per poter rispondere alle esigenze del Nord, per riconquistare un feeling con l'elettorato ma allo stesso tempo fare questo permette di governare il mutamento sociale con uno sguardo a chi è più in difficoltà, con uno sguardo a sinistraò. E' importante perchè in questo modo si possono difendere alcuni principi come eguaglianza e tutela dei diritti delle minoranze, si può parlare di riformare il welfare, si può pensare a reagire al problema ambientale. La destra questo non lo fa e non lo farà mai.
Una risposta di destra ai problemi del Nord è una risposta debole in quanto razzista, incapace di ascoltare i cittadini, incapace di riformare il paese, come è stata evidente nei 5 anni di governo Berlusconi e negli oltre 10 di governo Galan in Veneto.
Non possiamo lasciare temi DI SINISTRA come il federalismo fiscale (si guardi il PSOE in Spagna), il benessere di tutti i cittadini (si legga LA SICUREZZA che colpisce sempre chi è più in difficoltà in una guerra tra poveri) e la lotta ai costi della politica e alle burocrazie alla destra italiana.
In tutto questo urge, come dico da sempre, un ricambio generazionale della classe dirigente della sinistra. I cittadini, giustamente, si arrabbiano a vedere persone che cambiano idee e rimangono negli stessi posti. Si guardi in questo senso alla vetusta e superata dirigenza diessina a livello locale e nazionale. E' una caratteristica solo italiana ma essere in 15 anni un partito comunista, socialdemocratico e democratico e non rinnovare la classe dirigente è una follia che giustamente viene puntualmente punita.
La sinistra se non vuole continuare nel proprio lento suicidio deve rinnovarsi in quanto a personalità, in quanto a modo in cui si comunica ma soprattutto in quanto a reali risposte nella prassi di governo. L'alternativa non c'è. Svegliamoci finchè si è in tempo.