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giovedì 20 settembre 2007

Perchè sostengo Letta

Passione e concretezza. Sono i due aspetti che mi hanno spinto a sostenere un giovane, Enrico Letta, come candidato Segretario del Partito Democratico.
Quest’estate ho passato, per motivazioni legate a vicende locali e nazionali, una profonda crisi di identità. Notavo la mancanza di innovazione del progetto del Partito Democratico, che se come in un primo momento appariva, si proponeva di perpetuare o di “traslocare” classi dirigenti di partiti in crisi di identità e progettualità nasceva come progetto vecchio e conservatore.Fortunatamente a fermare, almeno in parte, il progetto di fusione a freddo è arrivata la proposta di Enrico Letta.

Ho detto passione. Una passione di rinnovamento, ben identificata nella parola “Muoviamoci”, una passione progressista figlia di una grande cultura politica ma capace di mescolarsi davvero ad altre esperienze, non in modo rigido ma aperto e dialogante.
E proprio la modalità aperta di gestione della sua campagna mi ha convinto definitivamente: non un discorso e un programma calati dall’alto, ma un percorso in 7 spiagge, in decine di incontri, in un meeting a partecipazione assolutamente libera e in cui hanno espresso il proprio parere tutti coloro che volevano lanciare un’idea, sottolineare un valore, evidenziare una progettualità.
Il modo di fare il PD, le regole per fare il PD in questo caso fanno ancor di più la differenza. Il saper ascoltare in un’epoca, quella nostra, dell’individualismo più sfrenato (anche in politica, anche a sinistra) e della mancanza di solidarietà e di senso di comunità è un valore importante, un valore decisivo.
Saper ascoltare è una grande qualità, che però serve come presupposto per la capacità di sintetizzare in proposte concrete il percorso fatto.

Ho detto concretezza. La concretezza del progetto politico nasce da valori e da parole chiave, come sono libertà, mobilità e natalità. Integrate, collegate, dibattute queste parole hanno suggerito e fatto costruire ad Enrico una serie di reali e concrete proposte, prive di alcun populismo, che il 14 di Settembre ha esposto a Piacenza, alla fine di due giorni di confronti.
Proposte che lasciano il segno, proposte che dimostrano che Enrico, a differenza di molti suoi colleghi, non ha perso il contatto con la realtà quotidiana, con i problemi reali che tutti i giorni affliggono il cittadino.

Il primo tema sviluppato è quello di rendere le pensioni dei Parlamentari uguali a quelle di tutti gli altri cittadini, con lo stesso sistema contributivo e non con l’attuale sistema per il quale con 30 mesi di carriera parlamentare si ottiene già una pensione ottima che la maggior parte degli italiani non si sogna nemmeno. Questo tema concreto è legato alle insofferenze che giustamente i cittadini provano nel vedere “una casta” o meglio “delle caste” non subire i costi di operazioni volte alla sistemazione dei conti pubblici che invece vengono subite dall’”italiano medio”.

Un secondo tema importante che mi ha piacevolmente colpito è la meritocrazia. E’ fondamentale sottolineare questo aspetto, normale nella maggior parte d’Europa, in un paese in cui la raccomandazione e il nepotismo sono i mezzi tipici per la crescita della persona, in cui essere “figli di” conta ancora troppo. A questo è collegato, inevitabilmente, il modello di istruzione che si vuole impartire, e allo stesso tempo a ciò è legata l’idea di eguaglianza, che si può esplicare solo partendo dall’utopia costituzionale di poter garantire a tutti una uguaglianza sostanziale. Concretamente le proposte importanti sono la possibilità di riscattare la Laurea più facilmente, garantire prestiti d’onore per studenti e giovani che intendono fare impresa ed infine favorire gli studenti meritevoli con borse di studio.

Un terzo aspetto del progetto di Enrico che mi ha particolarmente convinto è stato il modo in cui ha parlato di “questione settentrionale” e “questione meridionale”, facendo proposte pratiche.
Parlare di nord è parlare di infrastrutture. Per parlare del nostro territorio urge recuperare ritardi decennali nella costruzione di assi stradali come Pedemontana e Valdastico Sud, ripensare un servizio pubblico che in città è particolarmente scadente e recuperare i progetti di mobilità metropolitana con le città limitrofe. Nel paese vale lo stesso principio: recuperare il ritardo con l’Europa sia nei collegamenti interni che nella costruzione degli assi viari e ferroviari progettati dall’Unione Europea.
Parlare di nord è parlare di federalismo, un federalismo che sia utile alle esigenze dei cittadini di maggiore trasparenza e semplicità e che vada a toccare tutti gli aspetti del vivere quotidiano. Si può asserire che l’integrazione europea e la globalizzazione abbiano necessariamente bisogno di un bilanciamento con l’aumento di competenze e di potenzialità di decisione a livelli inferiori a quello nazionale.
Per quel che concerne lo sviluppo del mezzogiorno Enrico è stato concreto e in questo senso credo che ciò che ha asserito a Piacenza sia stato decisivo: parlare di Sud come piattaforma logistica per l’implementazione di progetti che consentano la produzione di energia rinnovabile. Vi è la necessità di recuperare il ritardo con il resto d’Europa sulla quantità di energia prodotta rinnovabile. Questo ritardo è colmabile con lo sviluppo del solare e dell’eolico e se è vero che in un’area molto simile al Mezzogiorno, ossia l’Andalusia, sta completando un impianto solare che riuscirà ad illuminare tutta Siviglia mi domando se la crisi climatica non sia davvero una buona occasione per rilanciare il nostro meridione.

Proposte concrete e idealità, quindi, per costruire un Paese capace di essere al passo con le grandi sfide che ha. Quel che serve, però, è anche la costruzione di un partito politico, il Partito Democratico, che sappia essere quello che da anni i partiti non sono più, ossia un tramite tra le necessità dei cittadini e il proprio ceto dirigente. Un partito orizzontale, capace di stare nelle partite a livello territoriale. Un partito moderno, senza il bisogno di ideologie o posizioni immobili ma capace di una dinamicità necessaria per una società, la nostra, frenetica e segmentata.

Credo che la partita decisiva per il futuro del nostro paese sia quella di investire sulle giovani generazioni. Investire sul nostro futuro, sulle nostre capacità di comprendere e creare opportunità in una società dinamica, di batterci ogni giorno per nuove decisive sfide come sono quelle per l’ambiente, l’integrazione europea, le nuove tecnologie.
Esiste, per me, una speranza per un futuro che non sia un lento ed inarrestabile declino, basta rispondere con idealità e concretezza lanciando spazi nuovi anche a generazioni che hanno molto da dire e che hanno nuovi modi per dirlo.
Enrico Letta ci sta provando, per questo sono con lui.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Ti ho visto su La7, eh, all'incontro con Letta a Vicenza :D

A proposito del partito "federale", cosa ti ha risposto?

Enrico Peroni ha detto...

Ciao. Mi ha risposto asserendo che preferisce un partito "delle autonomie" che sia capace di proporre a livello locale iniziative proprie, senza ascoltare ci� che dice Roma. In questo senso ha anche accusato le classi politiche locali che spesse volte dicono "sentiamo cosa dice Roma" e ha asserito, giustamente, che se l'italia � un paese poco federale dal punto di vista dell'implementazione di politiche � anche colpa della forma mentis di queste classi dirigenti regionali, provinciali, cittadine.
Ha poi detto, legandosi al discorso successivo, che la sua idea di legge elettorale prevede che i deputati siano scelti a livello locale, possibilmente con Primarie.

PS: Non sapevo di essere venuto fuori su La 7, che, tra l'altro, sta facendo campagna per Letta abbastanza spudoratamente, o sbaglio?

Anonimo ha detto...

Era in un servizio di Cantiere Democratico: http://www.la7.it/approfondimento/dettaglio.asp?prop=primarie&video=4028

:)