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domenica 25 marzo 2007

Intervento al Congresso Cittadino Ds

Cari compagni, care compagne, cari amici e amiche,
siamo qui oggi ad un congresso decisivo. Un congresso per il quale passa la storia della sinistra italiana e del Paese.
Ad Aprile dell’anno scorso abbiamo vinto delle elezioni fondamentali. In un anno di governo si sono palesate le nostre forze e le nostre debolezze, come partito e come coalizione, sia per ciò che concerne la proposta politica che per ciò che concerne la capacità di sintesi: in alcuni aspetti ottima, in altri tragicomica.
La crisi di governo ha dimostrato più che mai che il sistema politico italiano si trova ancora oggi in una profonda crisi d’identità e di prospettiva, di giorno in giorno più preoccupante.


Non voglio essere apocalittico ma ci sono questioni imprescindibili che dovremo necessariamente considerare. Sono le problematiche relative alla cosiddetta “questione istituzionale”, ossia la riforma delle istituzioni politiche nazionali, dell’architettura dello Stato, a partire dalla legge elettorale, dalla riduzione del numero dei parlamentari, ma non solo, sono ormai delle necessità fondamentale tramite le quali passa il futuro di questo paese.
Questo insieme di riforme possono essere attuate in diversi modi e con diversi attori e soggetti politici. Inutile però evidenziare che gli attuali attori politici, i partiti odierni della sinistra italiana, soffrono una evidente crisi culturale, sociale e politica.
Culturale perché non riescono più a rappresentare in modo chiaro non tanto una ideologia, ma una idea politica.
Sociale perché non riescono più ad intercettare le necessità reali dei cittadini.
Politica perché sono ormai sempre più palesemente in difficoltà a trovare una quadra, un sistema comune di proposte nella gestione della cosa pubblica.


Questa crisi ha chiaramente investito anche il più grande partito della sinistra italiana, il nostro. E’ evidente, cari compagni, che quello che dice Mussi è vero: al netto delle regioni rosse il nostro partito soffre evidenti problemi di radicamento, rinnovamento delle classi dirigenti, dialettica interna, confronto sano con la cittadinanza, capacità di non essere solo un “elettificio”.
Questo è uno dei tanti motivi per cui si deve assolutamente rinnovare l’esperienza politica della sinistra italiana, cercando di formare un partito nuovo, che sicuramente superi gli steccati del 900 e unifichi i diversi riformismi ma che sappia essere anche ben altro, ben di più.


Il partito nuovo dovrà porsi ambiziosi obiettivi se vorrà essere un grande partito, il partito che vuole essere “la casa di tutte le anime della sinistra riformatrice italiana”.
Il primo di questi obiettivi è quello di porre al centro di questo partito nuovo non tanto gli accordi di corridoio, le gerarchie e i sistemi di potere ma la dialettica, il confronto, il dibattito nella volontà di essere un grande partito aperto e plurale ma capace anche di una sintesi politica alta.
Sembrano cose ovvie ma creare un partito che sia da una parte un partito di massa, realmente capace di ascoltare le necessità reali della società, e che allo stesso tempo non sia un partito ideologico e con valori etici condivisi – perché, compagni, sappiamo che un partito politico si fa con obiettivi politici comuni, non è più l’epoca dei partiti uniti da ideologie o religioni – non è assolutamente semplice.
Il rischio che il partito nuovo divenga un elettificio è reale, e per sconfiggere questa ipotesi io credo serva una grande unità d’intenti delle forze che vogliono un partito ampio e di massa, e quindi anche dei compagni della Sinistra per il Socialismo che auspico vengano tutti nel Partito Democratico, perché le scissioni a sinistra hanno sempre fatto male, e iniziare un nuovo secolo con nuove scissioni non è un buon modo per portare avanti i nostri valori di uguaglianza, solidarietà, rispetto, libertà, fratellanza, i valori della sinistra.
Un altro rischio reale e concreto è che questo partito nasca senza una identità. Una identità che invece esiste e prospera in questo paese, un’identità che fa riferimento alla grande rivoluzione democratica mondiale a cui si tende necessariamente ideata e portata avanti da J.F. Kennedy e in Italia ripresa da quel grande intellettuale e grande europeista che era Altiero Spinelli. Una identità che è quella di grandi pensatori ed intellettuali quali Gobetti, Bobbio, i fratelli Rosselli, lo stesso grande riformista Matteotti. Una identità riformista che è parte della sinistra di questo paese, non solo di quella liberaldemocratica, socialista e cattolico democratica, ma anche di quella particolare ed unica storia che fu l’eurocomunismo di Enrico Berlinguer.
Esiste, e non lo nascondo, un problema sostanziale quando si propone un così alto progetto riformatore come quello del Partito Democratico e non li si fa corrispondere una analisi valoriale e ideale adeguata. Un’azione del genere porta alla tragica conseguenza di non attirare nuovi consensi, non realizzare un processo e un progetto che faccia sognare i cittadini e allo stesso tempo di non creare quel dibattito interno che è la base del circolo virtuoso che il Partito Democratico potrebbe creare all’intero sistema politico nazionale.


Un circolo virtuoso che deve partire anche dalla cosidetta questione generazionale. Siamo un paese in cui i ceti dirigenti politici – ma anche economici, della finanza, dello Sport, della cultura – hanno tutti oltre i 60 anni. E’ naturale che costoro non hanno un totale e reale contatto con la società italiana e con le tante necessità di rinnovamento. Se si vuole puntare ad un paese e ad un partito adatti ai giovani del nuovo millennio, come abbiamo scritto nel documento omonimo, sarà decisivo nel momento della formazione del futuro partito, l’inserimento in ruoli chiave di giovani compagni e giovani amici della Margherita. Siamo un paese bloccato, in cui un giovane fa fatica a potersi divertire, informare, applicare, in cui la scuola necessita di essere riformata, il mondo del lavoro non riesce ad aprirsi e a dinamicizzarsi adeguatamente. C’è il bisogno di aprire la società italiana alle nuove energie che sono soffocate dalla “gerontocrazia”.


Se gli obiettivi generali sono aprire la società ai giovani, dare un’identità politica al partito nuovo e creare un partito della dialettica, è altrettanto se non più importante parlare dei contenuti reali del partito, di quali problematiche o, come preferisco chiamarle io, necessità reali della società il futuro partito sarà capace di farsi interprete.
Questo partito nuovo dovrà porsi, inoltre, le problematiche che la sinistra italiana non ha saputo risolvere, i problemi storici e culturali della sinistra italiana.


Il partito nuovo dovrà assolutamente rispondere ad esigenze profonde di rinnovamento della società, quali sono quelle legate alle nuove famiglie, ormai sempre più numerose e per le quali è necessaria una regolamentazione.
In questioni come questa il Partito Democratico dovrà essere capace di mediare tra le diverse identità che lo comporranno, ma allo dovrà legarsi più ai reali bisogni sociali che agli aspetti valoriali di questo o quel singolo, questo o quel pensiero.
Il modello di laicità del PD dovrà necessariamente essere ispirato al pensiero debole di Vattimo, ossia alla non imposizione di un credo, un’idea di società a nessuno. Ci sarà bisogno, come ho già detto, della formulazione di una identità politica e di un insieme coerente di valori politici grazie all’azione di veri intellettuali ma non ci sarà bisogno di valori etici comuni. Questi devono rimanere nella sfera personale di ciascuno e il principio cardine a cui ci si deve ispirare è la libertà di scelta, al di là della propria morale personale.
Non è più possibile che il nostro paese, infatti, sia fanalino di coda in Europa e ormai in tutto il mondo sviluppato, per ciò che concerne i diritti civili, la difesa delle persone omosessuali con una seria legge antiviolenza, utili politiche nelle scuole e nel mondo del lavoro contro il mobbing omofobo e al fine di creare una cultura della diversità. Questi sono temi di sinistra, questi sono i programmi di Arcigay e di Gay Left ma questi all’estero sono soprattutto i programmi di tutti i partiti maggiori, di destra e sinistra.
Noi omosessuali del partito non possiamo prescindere dal fatto che il Partito Democratico dovrà saperci ospitare al 100%, dovrà accettare la nostra presenza e non dovrà considerarci ingombranti ma utili al processo di formazione di una nuova generazione politica, di un nuovo pensiero politico riformatore per questo paese, per il paese che verrà. Se questo non accadrà, se il PD non saprà cogliere il fatto che la cosiddetta questione omosessuale, ossia il riconoscimento dei diritti alle coppie gay, è la cartina di tornasole dello sviluppo dei diritti umani di un paese nel nuovo millennio, il PD sarà inequivocabilmente destinato ad essere un partito conservatore.


E il partito nuovo, per essere progressista, dovrà anche saper cogliere quel grande processo in atto in tutti i partiti socialisti d’Europa nel campo dell’Economia, ossia la svolta liberalsocialista. Zapatero, Blair. Shroeder, Persson. Se l’arretratezza del paese è palese in campo sociale e civile, è abbastanza evidente che anche l’Economia necessita di un cambio di rotta che questo governo ha cominciato a dare.
Lo dimostrano i recenti dati sullo stato dell’economia del paese. Lo dimostra il grande consenso alle liberalizzazioni, che una destra statalista e corporativista combatte.
Serve sempre più pensare ad un modello di economia che sappia coniugare equità e libertà, perché garantire ai cittadini più opportunità significa tendere ad una maggiore giustizia sociale. Coniugare il principio socialista di giustizia sociale e quello liberale di libertà è una sfida affascinante, importante e decisiva per risolvere i problemi di una società sempre più segmentata, internazionale e dinamica.
Il Partito Democratico dovrà impegnarsi per essere il motore vero per le tantissime riforme economiche che il paese chiede: dall’accesso alle professioni alla facilità di aprire un’azienda, all’introduzione di elementi di meritocrazia, ad una spesa pubblica che sappia far sviluppare il paese stimolando la concorrenza e gli investimenti ma anche puntando allo sviluppo viabilistico e ferroviario del paese.

I trasporti sono evidentemente, assieme alla questione energetica, le due facce di un progetto ambientalista. Negli ultimi anni, infatti, si sta imponendo una nuova questione ambientale ed è ormai evidente che lo sviluppo economico non vi può più prescindere.
Questo è particolarmente evidente nella nostra regione, in cui si è assistito ad uno sviluppo economico non capace di considerare le conseguenze sull’ambiente.
Per questo si dovranno mettere al centro dell’azione politica tre fondamentali questioni.
La prima è lo sviluppo della ricerca di energie rinnovabili, come l’energia solare, eolica, geotermica.
La seconda è un impegno ad individuare ed incentivare campagne di raccolta differenziata, di risparmio energetico, di recupero di siti ambientali danneggiati, in sostanza una serie di politiche che rivedano il comportamento dei cittadini nei confronti dell’ambiente.
La terza è il sostengo alla diffusione di una cultura dell’ambiente con specifici programmi nelle scuole, nel mondo del lavoro, tramite i mezzi di comunicazione di massa.


Tutto ciò è compreso sempre di più dall’Unione Europa. E’ di 2 settimane fa la svolta ambientalista, in cui l’ottima presidenze tedesca dell’Unione, che sta facendo miracoli e proponendo un’immagine di Europa attiva, vitale, dinamica, presente nella vita dei cittadini.
L’Unione Europea. Dobbiamo cominciare a sentirci finalmente tutti Europei: è questa la nuova dimensione in cui ci dovremo confrontare a livello mondiale se vogliamo poter confrontarci alla pari con grandi colossi politici,militari, economici quali India,Cina, Stati Uniti, Brasile, Indonesia, Giappone.
E’ per questo, infatti, che dopo un’Europa sempre più unita economicamente, socialmente, con autostrade e ferrovie che la uniscono – o mirano ad unirla - da Lisbona a Budapest, da Stoccolma ad Atene è l’ora dell’Europa politica, come ha ottimamente ricordato il 7 Febbraio in Germania il nostro capo dello Stato, illuminato europeista, uno dei pochi in questo paese di “europeismo di facciata”.
E anche qui il Partito Democratico, ispirandosi a grandi uomini come Spinelli, che di fatto aprì la strada verso l’Atto Unico Europeo e che morì pochi giorno dopo aver detto, in un accorato e profondo discorso al Parlamento Europeo, la fatidica frase “ci hanno lasciato solo la lisca” in relazione al reale Atto Unico rispetto alla proposta che votò il Parlamento Europeo su sua iniziativa alcuni anni prima. E da intellettuali sopraffini come Spinelli che il PD dovrà partire, capace di legarsi veramente e profondamente alla richiesta dei cittadini di essere veramente ascoltati a livello europeo. E’ evidente, ad oggi, che l’UE decide molto della nostra vita senza che noi possiamo incidere sulle dinamiche europee.
E’ per questo che a livello europeo, dopo la evidente e lenta crisi dello Stato Nazionale – non compresa da ampia parte della sinistra italiana, ancora togliattamente nazionalista - , negli ultimi 20 anni, siano esplosi localismi, identitarismi, necessità di un federalismo fiscale, culturale, politico, economico. Non è semplicemente il leghismo, anzi il leghismo è la parte becera e che ha incanalato una giusta protesta comune a tutta Europa, su un lato oscuro e di destra, razzista ed omofobo.
Nel resto del continente sono sorti tanti partiti, tanti movimenti culturali che chiedono più diritti per le comunità locali, un recupero della solidarietà sociale e di comunità in questo mondo globalizzato, segmentato, relativista e che non dà sicurezze né valoriali né economiche ai cittadini, che quindi si sentono lontani dalle sedi del potere e sono alla ricerca profonda di simboli a cui legarsi, di idealità, di possibilità di incidere in economia. E’ per questo che il PD ma in generale la politica dovrà ripensare le proprie dimensioni e le proprie relazioni con la cittadinanza.

E’ evidente che ciò si lega anche alla tematica del Dal Molin, dove decisioni prese molto lontano incidono sulla vita reale dei cittadini di Vicenza. Non possiamo, se siamo una vera forza del progresso, non stupirci, indignarci, sconvolgerci nel pensare che non ci sia stata una comunicazione tra la cittadinanza e il governo. In questo caso, come in altri, è sintomatica la lontananza e l’incapacità di ascoltare dei governanti in relazione ai bisogni dei governati. Questo è un tema fondamentale della futura politica.

Se si vuole costruire l’Europa unita politicamente, quindi, si deve dare una dimensione decisionale e politica ai livelli territoriali più vicini ai problemi della gente e dare allo stesso tempo modi e tecniche di controllo ai cittadini stessi, ispirandosi anche a modelli quali la Democrazia Diretta e il Bilancio Partecipato.
Un nuovo rapporto con la gente è quanto, inoltre, è stato fatto qui in città di Vicenza dal gruppo dirigente che ha gestito il partito dall’inizio del 2005 ad oggi. Ringrazio il compagno e Segretario Luca Balzi, il gruppo consiliare, i tanti compagni con i quali ho lavorato in Direttivo Cittadino ed in Segreteria, nella Sinistra Giovanile, nel Partito tutto. In questi due anni i successi politici sono stati molti: il sorpasso sul centrodestra alle Regionali, la vittoria al Referendum sulla controriforma costituzionale del centrodestra, la grande affluenza alle primarie ma anche e soprattutto un ruolo nuovo del partito, di ascolto e ci confronto con i cittadini, di politica “per e tra la gente”, di creazione di rapporti nuovi e di lavoro concreto con banchetti,iniziative, tesseramento – ricordo che siamo la sezione con il maggior aumento di iscritti del Veneto – in vista delle Comunali del 2008, che devono essere la nostra meta fondamentale. Non possiamo esimerci di combattere una battaglia che porti anche Vicenza ad essere una città moderna, una città che pensi al futuro. I cittadini sempre più chiedono una politica che li sappia far partecipare, li sappia ascoltare, sappia puntare su qualità della vita e dell’ambiente. Le risposte tante volte, anche tra noi, latitano. Dobbiamo prenderci tutti insieme, e ripeto, spero senza scissioni, l’impegno concreto di costruire la città del domani, la Vicenza del futuro!

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