Vorrei esprimere alcune considerazioni in merito alla vicenda dell'invito del Papa alla Sapienza, delle conseguenti proteste e infine delle ampie polemiche.
Innanzi tutto vorrei sottolineare che la colpa principale risiede nel rettore dell'Università La Sapienza, ... , persona che più volte è stata criticata per una gestione autoritaria e lesiva della democrazia interna all'ateneo.
I professori si sono ribellati all'ennesima decisione unilaterale, ossia quella di invitare il papa all'inaugurazione accademica. Una scelta pericolosa, a loro parere (e anche mio) per una università di forte tradizione e impronta laica e dove vengono condotti importanti studi scientifici. Un problema, quindi, a monte, in una scelta, quella del rettore, assolutamente non condivisa nell'Università. Il fatto è che a quel punto a Joseph Ratzinger non si può imputare nulla.
La successiva protesta è quindi particolarmente giusta per il metodo e in buona parte anche per il merito, anche se l'eventualità politica di farla andava considerata.
Era stato invitato, nessuno sapeva cosa avrebbe potuto dire, nessuno poteva dargli colpe a priori. Io, se fossi stato uno studente della Sapienza, non avrei protestato e avrei voluto sentire quali nuove, infinite, ripetute, dure parole pre-conciliari e contrarie alla modernità il papa avrebbe asserito. Sono convinto che questa sarebbe stata l'ennesima, ripetuta vittoria laica nei confronti delle parole superate e lontane dalla società italiana odierna che ogni giorno le gerarchie ecclesiastiche ripetono.
In questo modo, invece, ci si è scoperti nei confronti di un Papa che ha una caratteristica inconfutabile: l'intelligenza. Non andando ora ha potuto dire, ripetere, urlare la propria discriminazione mettendo in secondo piano che è lui che ogni giorno discrimina e incita a estreme discriminazioni contro gli omosessuali, le famiglie che non possono avere un bimbo naturalmente, le donne che non potrebbero (per lui) abortire e chi più ne ha più ne metta nella recente e continua offensiva mediatica e non solo che punta direttamente a portare la Chiesa indietro, il più indietro possibile.
In sostanza nonostante io non condivida le posizioni del Papa ritengo giusto che possa esprimersi se invitato e ritengo giusta nel merito ma sbagliata strategicamente (in quanto ha prestato il fianco all'offensiva papale) la protesta studentesca.
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mercoledì 16 gennaio 2008
Sulla querelle La Sapienza - Papa
Pubblicato da Enrico Peroni alle 22:11
Etichette: Giovani, Laicità-Diritti, Scuola-Università
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3 commenti:
Caro Enrico,
quanto accaduto ha dato al Papa una cassa di risonanza come nemmeno 100 lectiones magistrales...
Purtroppo a sinistra non sappiamo capire che significa "strategia" e che a volte, come nell'aikido, lasciar scorrere è meglio che opporre un muro.
Buon lavoro
condivido appieno il tuo punto di vista. alessandro
Non condivido le tue conclusioni sulle responsabilità.
C'è stata una gestione mediatica da Minculpop.
Si parte dalla lettera degli insegnanti, scritta due mesi fa prima dell'invito e tirata fuori come si fosse di ieri, quando gli insegnanti hanno ribadito che dopo l'invito vi era il dovere di ospitalità.
Per gli studenti l'occupazione e i luoghi delle manifestazioni (poi schegge impazzite ci possono sempre essere) erano concordati col rettore.
Il fatto è che B16 ha rinunciato a partecipare dopo che le autorità avevano garantito la massima sicurezza. Invoco in lui coerenza e che se ne stia sempre a casa al minimo accenno di contestazione :-). Da qui gestione mediatica terribile e prese di posizione prone da parte di molti politici italiani. Unica voce dissonante fra i leader Boselli.
Ricordo agli amici del partito democratico che militare in quel partito significa coprire ed accettare gli atti della senatrice Binetti. Perché questo? Il suo voto contrario alla fiducia al governo non ha provocato nessun intervento ufficiale del suo partito al contrario di altri partiti "costretti" ad espellere propri senatori.
Poi per arrivare ad una meta le strade sono molte, il mio percorso è molto lontano dal quello del PD, spero che alcune mete rimangano le stesse.
franco
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