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venerdì 3 agosto 2007

Fini, l’imitazione dei postcomunisti e la corsa al centro.

Da quando il vecchio PCI decise di cambiare, Gianfranco Fini, eletto segretario dell’MSI, decise di seguire le orme dei compagni. Aveva, infatti, compreso che l’unico modo per giungere ad occupare Palazzo Chigi era democratizzare il suo partito.
Tangentopoli fu per l’MSI come per il PCI una poderosa occasione di rilancio del partito. I partiti moderati, il pentapartito, erano stati travolti e le ali, quelli che non avevano potuto governare perché “estremisti” potevano battere cassa.
An grazie a Silvio Berlusconi, il Pds grazie al fatto che rimase l’unico partito strutturato, sono riusciti nel bene e nel male a divenire due formazioni fondamentali per il governo del paese.
Questo recupero di forze politiche fino agli anni 80 aliene al “gioco del governo” è stata sostanzialmente l’unica novità politica vera della Seconda Repubblica Italiana (ma di questo parlerò in un altro articolo).
La cosa “affascinante” è che i leader del Pds/Ds e il leader di An hanno avuto come obiettivo di medio/lungo termine quello di potersi sostituire definitivamente alla vecchia classe dirigente legata a socialisti e democristiani e poter giungere a Palazzo Chigi. Fini oscurato da Berlusconi, D’Alema e Veltroni bloccati da Prodi e Rutelli, di fatto dal 1992 Pds e An pur essendo fondamentali per Unione e Polo non sono mai riusciti ad avere un candidato alla presidenza del consiglio (D’Alema ci giunse con un ribaltone, non con un’elezione).
Avendo lo stesso obiettivo e gli stessi problemi (superare le paure della gente sul fatto che siano veramente democratici e accreditarsi come guida del paese) Fini ha sempre cercato di copiare i postcomunisti. Nel 1993 le lacrime di Fiuggi giungono dopo le lacrime della Bolognina di Occhetto. Nel 2001 Fini è vicepremier come lo fu Veltroni nel 1996.
Oggi i Ds sono i principali assertori del Pd, con il quale sperano di diventare completamente normalizzati e non più “il partito di mezzo” tra comunismo e non si sa bene cosa. Alleanza Nazionale e Fini ancora una volta imitano i Ds e pur non essendo gli ideatori del Partito delle Libertà ne sono diventati i principali sostenitori.
In questo gioco all’imitazione talvolta furono i postcomunisti ad imitare Fini, come quando hanno ingaggiato,all’opposizione, una lotta con la Margherita per la guida della coalizione, come aveva fatto Fini a fine anni 90 con Forza Italia. Una lotta finalizzata a garantirsi una posizione.
Fu così anche per la questione degli errori del comunismo e del “fascismo male assoluto”. Fu prima Fini ad andare a Gerusalemme a pronunciare le frasi che avevano fatto adirare Alessandra Mussolini e fu poi che Fassino andò sulle foibe a chiedere in un certo scusa per gli errori di Togliatti.
Mi domando se queste svolte moderate verso il centro dei postcomunisti e dei postfascisti facciano bene oppure siano un buon modo per creare sempre più classi dirigenti senza valori (perché i valori con i quali sono cresciuti li hanno perduti e nuovi valori non puoi impararli a 50 anni) e semplicemente capaci di gestire a loro avviso meglio la cosa pubblica. In tal caso credo fortemente che la cosa pubblica non sia da gestire solo con il “riformismo” (ormai anche An si definisce forza riformista di Destra, si ascolti Ronchi che lo ripete spesse volte) ma anche con i valori. E i valori migliori, per me, rimarranno sempre quelli della socialdemocrazia, della liberaldemocrazia, del cristianesimo democratico e non di fascisti o comunisti che vengono da svolte continue.
Perché, come ho già detto, preferisco un partito che si rinnova nella classe dirigente ma rimane nel tempo e non partiti nuovi con la solita gente. Perché per un rinnovamento vero delle idee non serve cambiare partiti ma cambiare classi dirigenti.

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